![Sanremo 2025: le pagelle della seconda serata Sanremo 2025: le pagelle della seconda serata](https://i2.wp.com/www.panorama.it/media-library/simone-cristicchi.jpg?id=56485491&width=980&w=1024&resize=1024,0&ssl=1)
La seconda serata del Festival di Sanremo inizia con i due scontri diretti di Sanremo Giovani: Alex Wyse Vs Vale LP e Lil Jolie e Maria Tomba contro Settembre. I vincitori delle due sfide, Alex Wyse e Settembre, si esibiranno nuovamente nella serata di giovedì 13 febbraio e, tra i due cantanti, sarà eletto il vincitore assoluto delle Nuove Proposte. Sia per gli scontri di stasera che quelli della finale di domani le performance saranno giudicate da tre differenti giurie (Televoto 34%, Giuria della Sala Stampa, Tv e Web 33% e Giuria delle Radio 33%).
Terminate le esibizioni dei quindici artisti oggi in gara, il voto congiunto del televoto e della giuria delle radio ha stabilito la Top 5 della seconda serata, una classifica randomica e non in ordine di voti ricevuti: Giorgia, Simone Cristicchi, Fedez, Achille Lauro, Lucio Corsi.
Alex Wyse – Rockstar – Voto 6,5
Ballad sanremese classica nella costruzione e nell’andamento, Rockstar è un inno alla libertà e un invito a essere noi stessi, cantata con la giusta autorevolezza e con buone doti vocali da Alex Wyse che, nonostante il look androgino, ha il graffio vocale della rockstar.
Vale LP Lil Jolie – Dimmi tu quando sei pronto per fare l’amore – Voto 5
Vale LP e Lil Jolie sono una sorta di Paola & Chiara in versione indie-pop o di t.A.T.u. nostrane che portano un brano innocuo e vagamente retro, un invito ad amare chi ti pare e come ti pare, anche se il messaggio della canzone è annacquato e difficilmente intellegibile per l’abuso del corsivo. Forse è per questo che, alla fine di una performance non certo memorabile, le due cantanti portano un cartellone giallo con la scritta “Se io non voglio tu non puoi”: almeno quelle parole si sono capite anche da casa.
Settembre – Vertebre – Voto 5
Settembre è un giovane di almeno sessant’anni che porta in gara un brano prevedibile che racconta le fragilità della sua generazione, miagolando per tre minuti. Ma poi, perché questi giovani di Sanremo sono tutti così depressi? E fatevela ‘na risata, che la vita è un mozzico.
Maria Tomba – Goodbye (voglio good vibes) – Voto 4,5
A X Factor 2023, Maria Tomba è diventata famosa per le sue esibizioni sopra le righe e spesso in pigiama: look che vince non si cambia, così la cantante si presenta anche al Teatro Ariston con un pigiama blu con strass, con tanto di mantella con messaggio in stile Ferragni, perfetto complemento per una performance soporifera e del tutto trascurabile.
Damiano David – Felicità (cover Lucio Dalla) – Voto 7,5
L’ex(?) cantante dei Maneskin rende omaggio all’immenso Lucio Dalla con la sua Felicità, cantata con misura e intensità, dimostrando di saper padroneggiare diversi registri vocali, oltre al rock. La regia in bianco e nero, con la performance di due attori dietro a Damiano (Alessandro Borghi e il piccolo Vittorio), ha reso l’esibizione ancora più elegante.
Rocco Hunt- Mille volte ancora – Voto 5
Rocco Hunt, parafrasando il grande Pino Daniele (di cui canterà Yes I know my way nella serata delle cover di venerdì), è “nu buono guaglione”, ma risulta poco incisivo sia come rapper (pensate a come Guè e Tormento si sono mangiato il palco ieri sera) che come cantante (neo)melodico. Il testo autobiografico e buonista del giovane di Salerno che se ne va da casa per trovare fortuna altrove, superando mille difficoltà, una sorta di Il ragazzo della via Gluck 4.0, è assai meglio delle stupide cantilene trap a base di bitches, armi & droga che infestano le piattaforme streaming, ma il livello di saccarosio è francamente eccessivo anche per noi, che facciamo sempre il tifo per i buoni.
Elodie – Dimenticarsi alle 7 – Voto 5,5
Elodie, dopo aver dismessi i panni della pasionaria anti-Meloni in conferenza stampa, indossa stasera un elegante abito da sera bordeaux e torna all’alveo pop-dance, lo stesso che ha funzionato così bene a Sanremo sia con Andromeda (2020) che con Due (2023). Dimenticarsi alle 7, ennesima variazione sullo stucchevole tema del “tira e molla sentimentale”, è composto da una parte in stile ballad anni Sessanta e da un’altra più marcatamente dance, ma la prima non emoziona come dovrebbe e la seconda non fa muovere il piede come ci si aspetterebbe da un brano dance di Elodie. Un’occasione parzialmente sprecata.
Lucio Corsi – Volevo essere un duro – Voto 8
Lucio Corsi non è certo una novità per chi bazzica il mondo della musica indie, ma il cantautore toscano ci ha stupito per com’è risuscito a portare se stesso a Sanremo senza snaturarsi e farsi cannibalizzare dal carrozzone festivaliero, con un brano tra cantautorato italiano e glam rock anni Settanta ricco di poesia e di ottima musica (con ben due assoli!), eseguito con grande spontaneità e comunicativa. Il finale “Io volevo essere un duro/Però non sono nessuno/Non sono altro che Lucio” è già di culto.
The Kolors – Tu con chi fai l’amore – Voto 7
Napoli, nella seconda metà degli anni Settanta, è stata una straordinaria fucina artistica per la scena jazz-funk locale, il cosiddetto Neapolitan Power. Gli ultimi eredi di quella gloriosa tradizione sono i The Kolors (benché tutti vestiti di nero), che da un paio d’anni sfornano con regolarità svizzera godibili tormentoni pop-funky tutti da ballare. Non fa eccezione Tu con chi fai l’amore, ennesimo funkettone con echi Seventies e cassa in quattro (con intro mutuata da The Logical Song dei Supertramp), tra Chic e Raffaella Carrà, il cui ritornello si appiccica in testa e non se ne va più via, che potrebbe apparentemente sembrare un brano facile, ma provate voi a suonare e a cantare un brano con così tanto groove, energia e mestiere, senza mai sbagliare un colpo, e poi ne riparliamo.
Serena Brancale – Anema e Core – Voto 5
Serena Brancale, una delle più talentuose cantautrici neo soul italiane, torna a Sanremo a dieci anni esatti dall’esordio nel 2015, nella Sezione Giovani, con la splendida Galleggiare. Le raffinate atmosfere pop-jazz, dopo il recente successo del tormentone vernacolare Baccalà, sono ormai un lontano ricordo: in Anema e Core l’artista pugliese passa dalla world music della intro al cantato neomelodico, fino alla pizzica e al latin pop in stile Ana Mena, eseguito il tutto in modo troppo confuso e sopra le righe per lasciare davvero il segno (anche se il brano, probabilmente, farà faville quest’estate nelle discoteche all’aperto del Salento). Scommettiamo che si riscatterà nella serata delle cover, in coppia con Alessandra Amoroso, con If I Ain’t Got You di Alicia Keys, decisamente più adatta alle sue corde soul?
Fedez – Battito – Voto 4,5
«Prenditi pure i miei soldi, basta che resti lontana da me». Tutti, a quel punto, abbiamo pensato alle ben note vicende che riguardano Chiara Ferragni, ma Fedez giura che la canzone Battito si riferisce esclusivamente alla depressione. Depressione che viene anche a chi ascolta questo brano angosciante, ansiogeno, claustrofobico, dall’andamento ellittico, una sorta di flusso di coscienza (con tanto di farmaci utilizzati) cantato e rappato con eccesso di autotune, di cui francamente non capiamo il senso sul palco del Festival di Sanremo. Per carità, molto meglio questo Battito dei suoi effimeri tormentoni estivi, ma una sana via di mezzo no?
Francesca Michielin – Fango in paradiso – Voto 5,5
Francesca Michielin, reduce da un infortunio alla caviglia, cita il Vasco Rossi di Va bene, va bene così, ma la canzone Fango in paradiso è una classica ballad sanremese, un mix poco originale tra The Winner Takes It All degli Abba e Perdere l’amore di Massimo Ranieri, senza avere, però, il pathos di nessuna delle due. L’interpretazione della cantante veneta è misurata e pulita, ma ha un grosso difetto: non trasmette nessuna emozione (se non alla stessa Michielin, che, alla fine della sua performance, è l’unica con gli occhi lucidi).
Damiano David – Born With A Broken Heart – Voto 7
Damiano David, a furia di cantare in ogni parte del mondo, ormai parla in inglese anche quando si trova al baretto con i suoi amici a Monteverde. Non è facile abbandonare (anche temporaneamente) un brand fruttuoso e remunerativo come quello dei Maneskin, ma Damiano è riuscito a reinventarsi cantante electropop con un pezzo oggettivamente riuscito e godibile come Born With A Broken Heart, che a noi “boomer” ricorda alcune delle migliori produzioni degli Ultravox dei primi anni Ottanta, o, se vogliamo rimanere negli anni Duemila, dei Keane. Nulla di originale, per carità, ma Damiano canta con una sicurezza e con una precisione vocale da superospite straniero (anche se è nato all’ombra del Cupolone).
Simone Cristicchi – Quando sarai piccola – Voto 9
Perché scegliere tra cantautorato e teatro, se sai fare bene entrambi? Simone Cristicchi è una perla rara nel panorama artistico italiano, come conferma la splendidaQuando sarai piccola, dedicata al difficile tema della demenza senile, una canzone commovente, composta con una sensibilità e una delicatezza da vero fuoriclasse, con un emozionante crescendo nel finale che esalta le doti interpretative del “cantattore” Cristicchi in una sorta di teatro-canzone d’altri tempi. In fondo lo scopo della musica è quello di emozionare, raccontando storie che toccano corde che normalmente non vengono sfiorate dalla quotidianità: e Cristicchi, in Quando sarai piccola (dedicata alla madre), è riuscito a emozionare milioni di persone in tutta Italia, alla faccia delle opinioniste passivo-aggressive che non tollerano la delicatezza dei sentimenti e degli intellettuali “de sinistra” che non gli perdonano lo (splendido) spettacolo sulle foibe Magazzino 18.
Marcella Bella – Pelle diamante – Voto 6
Marcella Bella è una leggenda vivente della canzone italiana, che ci ha regalato alcuni dei migliori brani nella storia dell’italodisco (pensiamo a Nessuno mai), una donna “forte, tosta, indipendente”, come afferma pomposamente in Pelle diamante, un brano autobiografico troppo tamarro e lineare per un’artista del suo calibro, che però interpreta con grande personalità ed energia, mostrando ancora un’estensione vocale invidiabile.
Bresh – La tana del granchio – Voto 6,5
Il genovese Bresh fa parte di quella schiera di ex rapper che, come San Paolo caduto da cavallo, si è convertito successivamente al pop con velleità cantautorali. Va detto che, nel suo caso, la transizione è riuscita abbastanza bene: La tana del granchio è una canzone ben costruita e arrangiata, con una melodia avvolgente e un testo non banale, cantata da Bresh con autorevolezza e intensità. Una piacevole sorpresa.
Achille Lauro – Incoscienti giovani – Voto 5,5
Look gessato bianco da boss italo-americano, Achille Lauro porta un pezzo che ricorda un certo pop italiano disimpegnato e ruffiano anni Ottanta, una sorta di B-side del Venditti di In questo mondo di ladri, con tanto di assolo di sax, ma la sua voce non è certo educata, anzi, il Nostro gioca ad accentuare quell’accento romano biascicato da (finto) borgataro. La canzone, va detto, è molto meglio dei suoi precedenti brani sanremesi e potrebbe arrivare nelle primissime posizioni di Sanremo 2025.
Giorgia – La cura per me . Voto 9,5
La canzone, scritta da Giorgia insieme a Blanco, è un perfetto mix tra tradizione e modernità (vedi il beat elettronico della seconda strofa), che ricorda vagamente il Lucio Dalla de La sera dei miracoli nell’inciso e lei la canta magnificamente, mostrando al solito un’ugola prodigiosa per controllo, intonazione ed estensione. Una performance vocale da standing ovation, però, anche nel caso di La cura per me, hai sempre l’impressione che la canzone non sia all’altezza della sua interprete. Comunque, se Sanremo fosse solo ed esclusivamente una gara canora, Giorgia vincerebbe l’edizione numero settantacinque a mani basse.
Rkomi – Il ritmo delle cose – Voto 5
Le vocali risparmiate nel nome d’arte Rkomi vengono ampliate in modo parossistico nel testo della canzone Il ritmo delle cose, diventando più larghe del Rio della Amazzoni. L’interpretazione, abbastanza monocorde, non ha il carattere viscerale che un brano con un «violento decrescendo» richiederebbe. Bene le citazioni di Piero Manzoni e di Rorschach, ma non ha molto senso citare l’arte in un brano electropop prevedibile nel suo sviluppo e sentito decine di volte sulle piattaforme streaming, che di “artistico” ha ben poco.
Rose Villain – Fuorilegge – Voto 6
Il cambio di ritmo con sonorità urban a metà brano, dopo un inizio morbido da ballad a tinte dark, è ormai il marchio di fabbrica della statuaria Rose Villain, che forse esagera un po’ negli svolazzi vocali, dove non è sempre precisissima. Dopo il successo di Click Click Boom lo scorso anno, anche Fuorilegge si candida a diventare un tormentone in streaming e nei balletti di TikTok.
Willie Peyote – Grazie ma no grazie – Voto 6,5
Un piacevole mix tra bossa nova, funky e rap, intelligente e ironico, che fa riflettere, col sorriso sulle labbra, sulle storture e sui luoghi comuni della nostra società. Se amate (come il sottoscritto) band come Ridillo e Dirotta su Cuba, ma anche il pop-funk più immediato di Daniele Silvestri, Grazie ma no grazie di Willie Peyote vi piacerà sicuramente.